Notifica cartella via pec: pronuncia della CTR Napoli sul valore probatorio della fotocopia della ricevuta di consegna 




Con la pronuncia n. 58 dello scorso 08 gennaio, la CTR Campania Napoli ha espresso un giudizio interessante sull'efficacia probatoria della fotocopia dell'avviso di consegna della pec di notifica della cartella di pagamento depositata dall'Ufficio.

I giudici d'appello, oltre a stabilire la necessità che la cartella venga notificata con l'estensione p7m, afferma altresì che "nel caso di specie non vi sono elementi per ritenere avvenuta regolarmente la cartella: l'Agenzia si è limitata a produrre la fotocopia degli avvisi di consegna ed accettazione della notifica via pec. Non si comprende pertanto se il messaggio contiene effettivamente l'atto...".

Tale sentenza, ancorché molto sintetica nella sua motivazione, sostenendo come la fotocopia non dia certezza in ordine all'effettiva esistenza ed al contenuto dell'allegato, dà luogo a spunti di riflessione interessanti, riguardanti appunto l'efficacia probatoria della fotocopia delle ricevute di accettazione e consegna dei messaggi pec contenenti le cartelle di pagamento.

Infatti, la CTR afferma, in maniera sintetica ma netta, che tali riproduzioni non hanno il valore sufficiente a fornire la prova dell'avvenuta notifica. O per meglio dire, non provano che il messaggio contiene effettivamente l'atto che si dice di aver notificato.

A parere di chi scrive, la fotocopia dell'avviso di consegna potrebbe al massimo dimostrare la consegna di un messaggio a mezzo pec, ma non prova che a quel messaggio vi è allegato uno specifico documento: tale prova può essere fornita dal mittente solamente con il formato informatico ".eml ".

Ed invero, solo questo file può garantire con assoluta certezza quale documento è allegato alla pec, poiché consente di prendere visione proprio di quel documento, mentre la fotocopia garantisce solo l'apparenza dell'allegato.

D'altro canto, richiamando i generali principi in materia di prova della notifica a mezzo posta degli atti tributari, si potrebbe obiettare come non incomba sull'ufficio l'onere di dimostrare il contenuto del messaggio, essendo sufficiente provare di aver consegnato l'atto, e che quindi deve essere il contribuente a dover fornire la prova contraria.

Più dettagliatamente, invocando il principio della c.d. vicinanza della prova, si potrebbe sostenere che, anche in materia di notifica via pec degli atti di riscossione, non è l'agenzia a dover provare l'avvenuta notifica della cartella ma il contribuente a dover dimostrare il contrario.

Invero, in materia di notifica a mezzo raccomandata viene spesso richiamato il principio della vicinanza della prova per invertire l'onere probatorio e, dunque, far ricadere sul destinatario l'onere di dimostrare che il plico contiene un atto diverso o non contiene nessun atto.

Secondo tale principio, chi invia una plico deve dimostrare solo che questo è stato consegnato, o per meglio dire è entrato nella sfera di disponibilità del destinatario, mentre è su quest'ultimo, in caso di contestazione, che incombe l'onere di dar prova del reale contenuto del plico.

In altre parole, seguendo questo ragionamento e applicandolo alle notifiche telematiche, si potrebbe affermare che l'Agenzia avrebbe l'onere di provare semplicemente la consegna della pec senza necessità di dimostrare il relativo contenuto.

Ebbene, a parere di chi scrive, tale ragionamento appare viziato sin dalla premessa.

Invero, esso muove dal presupposto di ritenere applicabile alla notifica a mezzo posta elettronica certificata, la disciplina relativa alla notifica a mezzo raccomandata e, di conseguenza, sostiene di poter estendere la giurisprudenza formatasi in tema di ripartizione dell’onere probatorio circa la notifica tramite raccomandata anche alla notifica via pec.

Ma l’errore di fondo è evidente.

Infatti, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la prova della consegna della raccomandata fa presumere l'invio e la conoscenza dell'atto, mentre l'onere di provare eventualmente che il plico non conteneva l'atto spetta non già al mittente bensì al destinatario”, si fonda su un’argomentazione ben precisa che la stessa Cassazione chiarisce: in caso di notifica a mezzo raccomandata “la sfera di conoscibilità del mittente incontra limiti oggettivi nella fase successiva alla consegna del plico per la spedizione, mentre la sfera di conoscibilità del destinatario si incentra proprio nella fase finale della ricezione, ben potendo egli dimostrare (ed essendone perciò onerato), in ipotesi anche avvalendosi di testimoni, che al momento dell'apertura il plico era in realtà privo di contenuto” (Cass. 5397/2016).

In altre parole, afferma la Corte che, nel caso di invio di una raccomandata, nessuno può provare il reale contenuto dell’atto in maniera più adeguata del destinatario, essendo costui ad avere, in via esclusiva, la disponibilità del contenuto del plico stesso.

Ma la detta argomentazione perde di pregio se estesa alla notifica a mezzo pec della cartella.

Invero, in quest’ultimo caso, “i limiti oggettivi” che il mittente ha di dimostrare qual è il contenuto del plico consegnato vengono meno, in quanto chi invia un messaggio pec ha tutti gli elementi per dimostrare come, quando e cosa ha notificato (il file ".eml" dell'avviso di consegna ha tale scopo).

Quando l'Agente della riscossione (o chiunque altro) provvede alla notifica via pec, dovrebbe necessariamente avere anche l'originale dell'avviso ovvero il messaggio telematico e, conseguentemente, anche l'allegato.

Per tale motivo, se in caso di notifica della cartella a mezzo raccomandata, il principio della vicinanza della prova è maggiormente rispettato laddove si ritenga che sia il destinatario a dover dimostrare che il contenuto del plico è diverso rispetto a quello che il mittente sostiene di aver inviato, al contrario in caso di notifica via pec, in applicazione del detto principio, l’Agente della riscossione, in caso di contestazione da parte del destinatario, non può esimersi dal dimostrare il reale contenuto dell’allegato, avendo tutti gli strumenti per farlo.

Infatti, se guardiamo concretamente a quale delle due parti, mittente o destinatario, è più vicino il fatto da provare, cioè quello della notifica o meno della cartella via pec, possiamo affermare che tale prova per il primo non può essere meno agevole rispetto al secondo.

Per cui, dato che, in generale, l'onere di provare la regolare notifica della cartella incombe sull'agente della riscossione (Cfr. Cass., sez. 5, sent. 19 gennaio 2018, n. 1302), nel caso di notifica via pec, tale onere si sostanzia per il mittente, almeno in caso di contestazione del contenuto dell’allegato da parte del destinatario, nella necessità di depositare in giudizio l’avviso di consegna in formato .eml, ovvero, quanto meno, di depositare oltre alla copia analogica dell’avviso di consegna ed accettazione, anche il contenuto dell’allegato stesso, cioè la cartella.

Infatti, essendo l'agente della riscossione il soggetto che intende far valere un diritto, nel caso di specie il diritto di credito portato dalle cartelle di pagamento oggetto di contestazione, e considerato che esso ha la possibilità di provare la notifica delle cartelle in misura non inferiore alla possibilità che ha il contribuente di fare il contrario, l'onere della prova, in applicazione dell’art. 2697 c.c. nonché di qualsivoglia principio giuridico, ricade senz'altro sull'Agenzia delle Entrate Riscossione.